Il Museo - Nuovo Progetto

Club Alpino Italiano
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L'ALPETTO

 

 
Nell'anno 1866 il Club Alpino Italiano ha appena tre anni, ma la "Monvisomania" già dilaga tra i pochi alpinisti del tempo. La salita al "Re di Pietra" però è lunghissima: almeno 2600 metri di dislivello, più un tratto di discesa; si rende allora indispensabile un punto di sosta intermedio.
"Nella maggior parte delle valli nostre ,il viaggiatore non incontra per lo più alcun confortevole albergo ,appunto la dove egli dovrebbe umanamente pernottare ed apparecchiare forze per qualche lunga e faticosa corsa ;che anzi  il più sovente gli fandifetto persino quelle indispensabili comodità che altrove gli si offrono ad ogni passo ,e talvolta anche moltiplicate con fastidiosa larghezza."
Questo si leggeva sul Bollettino n. 5 del Club Alpino di Torino del 1866.

 
Si parte con il progetto di un "Casotto" da erigere nel vallone delle Forciolline, in Val Varaita, ma, dopo varie  vicissitudini (sembra che il tetto ,una volta disarmato, non abbia retto)   il progetto viene abbandonato. Nel 1864 l'avvocato Simondi di Barge dopo una salita al Monviso lancia con " Il Monviso e le sue adiacenze" sul Bollettino n. 3 del Club Alpino , l'idea di un ricovero presso l'alpeggio dell'Alpetto a q. 2268 in Val Po. I comuni di Oncino ed Ostana ne promossero quindi la costruzione a cui contribuisce la Sezione C.A.I di Torino con 200 lire. Pare che anche questo progetto abbia avuto varie problematiche , ma nel 1866 il "ricovero" fu ultimato. Oggi lo si definirebbe "rifugio incustodito". Era composto da due locali: uno con stufa, tavolo e una minima attrezzatura per cucinare, l'altro con due tavolati sovrapposti e paglia per il pernottamento; la custodia era affidata alla cura dei pastori delll'alpeggio. Funzionò per qualche anno, ma nel 1880 la Sezione di Torino decise di costruire un ricovero alla fontana del Sacripante, alla base della parete sud, sulla via normale del Viso, mentre nel 1882  provvede a riparare ed ampliare leggermentel'Alpetto, ormai in cattivo stato. Tuttavia con l'erezione del ricovero Sacripante  l'Alpetto perde importanza e nel 1905 con la costruzione del nuovo e moderno rifugio Quintino Sella al Lago Grande di  Viso viene definitivamente abbandonato.
A più riprese si tentò di conservarne la memoria storica come testimoniano le targhe presenti all'ingresso, in particolare nel 1985  l'associazione "Amici della Montagna di Oncino"  decide di porre fine allo stato di abbandono del vecchio ricovero con una notevole opera di manutenzione comprendente anche la ristrutturazione totale della copertura.  Negli anni  1996-1998 è  la Sezione Cai di Cavour ad occuparsene  attivamente realizzando una ulteriore serie di tavolati per incrementare i posti letto, prima di intraprendere l'avventura della realizzazione di una nuova struttura posta a poche decine di metri di distanza.
Il progetto del Museo storico "Gli albori dell'Alpinismo Italiano" nasce da questa struttura simbolo, che è insieme, sia ricordo di un'epoca storica di pionieri, che un'emblema di quella forma di accoglienza e ospitalità, che caratterizzerà da allora in poi il divenire dei rifugi alpini eretti nel tempo a seguire;  ed è per continuare questa testimonianza di opere e persone che veniva deciso di dedicare il Musea alla figura di Giacomo Priotto Presidente Generale del CAI negli anni 70.






Il MONVISO NELLA STORIA


Il primo cenno del Monviso lo dobbiamo al poeta latino VIRGILIO che nel decimo libro dell'Eneide lo descrive come il  Vesulus coperto di pini.  i Romani lo ritenevano la montagna più alta delle Alpi , così isolata e senza termini di paragone vicino, ed il nome stesso (Monte Visibile) ne testimonia l'unicità. Le foreste ne coprivano le pendici, ed alcune località come Pian Melzè (ora pian della Regina)  ricordano nel toponimo la presenza.
Storici romani come Plinio il Vecchio ne danno posizione ed altezza e lo associano al fiume Po in un binomio divenuto inscindibile. Difatti le acque del grande fiume scaturiscono dalle sue pendici. Anche il Boccaccio ne parla attribuendogli l'aggettivo celeberrimo per le sorgenti del Po e considerandolo la cima più alta degli Appennini, e bisognerà attendere l'inizio del 1800 per attribuirlo alla catena Alpina, mentre  Leonardo da Vinci fu uno dei primi a usare il nome Monviso.
Dobbiamo arrivare al 1600 per avere la  descrizione di una escursione in Valle Po. L'abate Valeriano Castiglioni agli inizi di settembre del 1627 si reca  all'origine del fiome Po e dopo un viaggio fra luoghi orridi, strade malagevoli, pranzi  miseri e valligiani curiosi si reca prima alla Grotta di Rio Martino  e quindi:
"..s'incamminassimo poscia per vie difficili al Prato che chiamano del Re, dove lasciassimo i cavalli dati in cura alla solitudine. Per balze spaventevoli facessimo una salita di trabucchi 650, dove ha la sua prima caduta il Po con horrendo strepito. Giunti alla sommità ci si offerì a gli occhi il Piano detto del Poggio , dove una catena di monti formano uno spazioso theatro............. Puoco discosto vi è il fonte visenda, da cui principalmente ha la sua origine il Po, che sgorga piacevolmente fra quattro sassi. Il fonte formando una piccola conca nello spatio dove scaturisce, si va poscia dilongando per l'accennato piano mormorando con vaghe fughe tra i sassi. Il suo letto è di minuta ghiaia così tempestata di stellucce d'oro, che rappresenta un cielo nelle acque tanto chiare et fresche, ch'io sto per dire esservi ivi liquefatto il Ciel Cristallino.
Il nostro prosegue in sequenza per i laghi Fiorenza, Superiore e Chiaretto dove può ammirare  " IL Monte Vesulo, il più alto delle Alpi Cottie, termine dell'Italia et confine ultimo dè Liguri Bagienni."
Finiamo con le parole di Cesare Balbo "Fra le Alpi ne è una che si scorge e si distingue anche dagli angoli più nascosti da tutti i Piemontesi. Guardate là quella sua così bella e così distinta guglia, regolare quasi fosse opera d'uomini, grande come fatta da Dio. Il Monviso è lo stendardo del Piemonte,è,per ognuno di noi come per il contadino, il campanile del villaggio, veduto ogni giorno. ad ogni ora, ai raggi del sole, al lume della luna, mirato e consultato ad ogni mutazione di tempo, guardato con sospiro dall'esule quando se ne scosta, pianto e desiderato quando si è lontani, cercato e riveduto da lungi, risalutato con trasporto al rimpatriare.
Agli inizi del 1800 con le opere dei saluzzesi Carlo Muletti e Giovanni Eandi si inizia a considerare il Monviso con spirito scientifico. Mentre il primo ci distrae con diversa interpretazione del nome ( Monte Viso dalla parola  germanica Weis - bianco) il secondo nella sua " Statistica delle Provincia di Saluzzo" ci descrive con accuratezza la zona ed in particolare indica per la prima volta un itineraio di salita al Re di Pietra
"Si parte da questa terra (Oncino) e dopo due ore di cammino si arriva al Gruppo dell'Alpetto dove vedesi una cascata suddivisa in alcune cascatellu dell'altezza totale di 70 m.; grossissimi macigni ivi caduti dall'alto riempiono il piano dove precipita la cascata: a destra, e poco lungi vedesi una balma (caverna) piuttosto spaziosa, ed alquanto affumicata, ove i pastori si ricoverano colle loro mandrie.....   ............continuando a camminare per un'ora e mezza si giunge all'Alpe, o capanna dell'Alpetto, casuccia non alta più d'un metro, la quale abitazione rozzissima è la più elevata della Provincia mt. 2263, ed è la più prossima al Monviso; colà appunto deve fissare la sua dimora colui, che fosse vago di visitare accuratamente i dintorni del monta, di misurare i molti laghi, di scaladarne le piramidi o di tentare la salita sul gran picco: sino a quest'Alpe si può fare con facilità il tragitto sui muli"
Un'altra particolarità caratterizza la zona del Monviso. Il Buco di Viso , un tunnel realizzato alla fine del '400 dal marchese Ludovico II di Saluzzo per agevolare le comunicazioni con il Delfinato. Un traforo di circa 70 mt. al colle delle Traversette permetteva di evitare il pericoloso passo omonimo.
Più volte interrotto e ripristinato nella foto a destra vi è l'ingresso ai nostri giorni , mentre a sinistra la foto di inizio 900 in occasione del restauro.
I PRIMI SALITORI


Il primo tentativo documentato della salita al Monviso  è di Domenico Ansaldi, saluzzese, che nel 1834   è costretto a rinunciare causa delle avversità atmosferiche .
Nel 1839 è la volta in un inglese, James Forbes professore di filosofia naturale, a compiere il primo giro del Viso (come diremmo oggi). Entusiasta della montagna ed esperto in glaciologia,dopo una serie di escursioni nel Delfinato in Francia parte da Abries il 1 luglio per valicare le Traversette, raggiungere Pian del Re , ed in successione Passo Gallarino, Vallone e Colle di Vallanta. Dalle note della sua impresa il Mathews trarrà le prime notizie sul gruppo del Monviso. Conoscenze che  completerà con la relazione di John Ball , altro inglese dedito agli studi scientifici e alle esporazioni, che nel 1860 visiterà la zona .
Dopo gli infruttuosi tentativi di un anonimo capitano Francese a metà degli anni 50, vi è un tentativo dell'americano Black nel 1851, ma , posta la tenda dove oggi sorge il Rifugio Gagliardone , dopo due settimane di sforzi viene respinto dal ghiacciaio.
Un altro inglese è destinato ad avere la meglio.  William Mathews è di famiglia ricca (un tratto comune nei primi esploratori) e si segnala subito per la passione e la tenacia nelle sue escursioni. Dopo una serie di ascensioni nelle Alpi Svizzere matura l'idea di costituire l' Alpine Club che avrà la prima adunanza il 22 dicembre 1857 a Londra e di cui sarà presidente dal 1868 al 1871.
Dopo un primo  insuccesso nel 1860, l'anno successivo  parte il 27 agosto da Torino. Prima tappa in treno fino a Saluzzo,
e da lì ,il giorno dopo, Casteldelfino ultimo paese  raggiungibile in carrozza.
Accompagnato dal conterraneo Jacomb e dalle guide valdostane Michele e GiovannI Battista Croz, dopo una estenuante trattativa per i riforninenti, affronta il percorso Casteldelfino, Villaretto e Vallone dell Forciolline dove bivacca.  Ma ora lasciamo che sia lui a raccontarci cosa si prova con alcuni brani tratti da "Una salita al Monte Viso"
Quasi due ore erano trascorse da quando avevamo fatto colazione quando Michel, che era davanti a tutti, fa pochi passi in avanti e poi si ferma, immobile. "Ha raggiunto la vetta!" urla Jean, che è dietro di me. Gli gridiamo allora per sapere se è vero. "Certamente, signore" è la sua risposta "ma c'è un'altra vetta, un poco più lontano". Mi spingo allora innanzi, con un ultimo sforzo, con Jean e Jacomb poco dietro di me, e dopo poco raggiungiamo tutti Michel e guardiamo verso uno spazio illimitato. Sono le 9.20; siamo su una piatta cresta detritica.........
Il cielo sopra di noi è un'unica volta di un celeste intenso; il nostro punto di osservazione è la vetta più alta nel raggio di quaranta miglia, e non una delle innumerevoli cime innevate a nord e a ovest è coperta dalla più piccola nuvola: ci guardiamo attorno per godere della vista......................
Ma per quanto la visuale ci fosse qua e là impedita, nel complesso il panorama era di straordinaria bellezza, e resta nei miei ricordi Alpini come uno dei più belli ed impressionanti mai visti. Se il Mediterraneo sia davvero visibile dal Monviso, certo in giornate diverse da questa, resta comunque dubbio.......
......Lo scendere fu più facile del salire e ci divertimmo molto nello spostare i massi precipitandoli a balzi nello spazio e all'udire il rumore che facevano nello spezzarsi in basso....
......Affondate le calcagna in quella mobile materia ne sfranammo una piccola parte su cui scivolammo al basso fino a che divenuta mal sicura la franane sbalzavamo fuori da un lato lasciando che rotolasse  oltre da suo piacere. (Discesa dal passo delle Sagnette)
......Alla base delle rupi l'acqua si raccoglie prima in un ruscello e qui trovansi alcuni chalets ed un alpe di bella verzura. (Le costruzioni dell'Alpetto). Un pò più oltre il neonato fiumicello  si fa strada attraverso una stretta gola scavata entro roccie di serpentino e si precipita nel piano inferiore.
La discesa prosegue verso Oncino e si conclude a Paesana, ultimo Paese della Valle Po ad essere raggiunto dalle carrozze.
GLI ITALIANI
Il primo italiano a posare il piede sulla cima del Monviso  è stato un tale Peyrotte di Bobbio Pellice che nel 1862 accompagna la spedizione dell'inglese Tuckett; mentre nel  1863 Quintino Sella organizza una spedizione interamente italiana con i cugini Paolo e Giacinto Ballada di Saint Robert   di Verzuolo come Giovanni Battista Abbà contadino, e Giuseppe Barraco parlamentare calabrese ,anche per simboleggiare l'unità d'italia. Accompagneranno  i valligiani Raimondo Gertoux e Giuseppe Bodoino. Il Sella è già uno statista affermato ed un appassionato di montagna da quando è salito giovanetto sul Monte Mucrone nel Biellese. Ha al suo attivo montagne come il Breithorn e incita i giovani alla scalata del Viso.
Da un suo discorso: nelle montagne troverete il coraggio per sfidare i pericoli, ma vi imparerete pure la prudenza e la previdenza onde superarli con incolumità. Uomini impavidi vi farete, locchè non vuol dire imprudenti ed imprevidenti. Ha gran valore un uomo che sa esporre la propria vita, e pure esponendola sa circondarsi di tutte le ragionevoli cautele.
La partenza è sempre da Casteldelfino l'11 agosto, il Sellaha portato parecchia strumentazione scientifica per condurre esperimenti e misurazioni ed il giorno seguente è sulla cima. Della salita lascia una lunga relazione a Bartolomeno Gastaldi in cui getta le basi del futuro Club Alpino Italiano. Negli anni successivi si susseguono le salite; nel 1864 è la volta di  Alessandra Boarelli  e la quattordicenne Cecilia Fillia che  sono le prime donne in vetta, nel 1878 la prima ascensione invernale da parte di Martelli e Vaccarone con la guida Castagneri e nel 1887 Guido Rey è sulla parete Est. Poi è la volta dei francesi Guillemin e de Quattrefages sulla parete Nord Occidentale, mentre la parete Nord e scala ta dal reverendo Coolidge con le guide svizzere Almer padre e figlio. Non bisogna dimenticare in questa voglia di altezze la figura del professor Valbusa a cui si deve una accurata descrizione della zona del Monviso. Si devono a lui i nomi di parecchie punte (Trento, Piemonte,Trieste ect.) battezzate
Nel 1905 fondava la sezione CAI di Saluzzo "Monviso" e si batteva per la riorganizzazione dei rifugi della zona che iniziava con la realizzazione del Quintino Sella al Lago Grande di Viso inougurato in 23 luglio 1905 così in nome di un patriottismo allora imperante.


Figure importanti furono le guide Perotti di Crissolo, dal capostipite Giovanni ai figli Claudio (in foto a Pian del Re) e il fratello Giovanni con all'attivo centinaia di ascensioni al Monviso.

Data l'importanza militare della zona vennero costruite fortificazioni a presidio dei punti strategici di cui restano le opere ormai in rovina come la caserma al colle delle Traversette o i resti dei bunker in cemento fatti esplodere dopo la guerra al pian d'Armoine. Una di queste opere , un piccolo posto di vedetta è rimasto sotto la punta Venezia per offrire un riparo di emergenza per  la sua manutenzione si è impegnata la sezione di Cavour.
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Il CAI ha deciso di valorizzare il Ricovero dell'Alpetto facendone un Museo dei primordi dell'Alpinismo, tramite il Gruppo Regionale del Piemonte che, per la fase operativa, ha incaricaro la Sezione di Cavour.
Dopo lo sgombero dei materiali rimasti si è proceduto alla sabbiatura interna ed esterna, mentre per la prossima stagione sono prevista la sistemazione dei serramenti ed il ripristino dell'arredamento interno per seguire il più possibile il vecchio progetto ora depositato presso il Museo della Montagna di Torino.
Il 5 marzo 2010 al Museo della Montagna di Torino viene presentato il progetto.
Nella foto Piergiorgio Repetto illustra all'assessore Oliva della Regione Piemonte, a Gino Geninatti presidente del G.R. Piemonte ed al Presidente Generale del CAI Annibale Salsa i tratti salienti dell'opera.
I lavori sono iniziati nel giugno 2010 e sono terminati nel luglio 2011 consentento l’inaugurazione il 31 delle stesso mese.
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